“L’immigrazione è una questione urgentissima. Oggi in Italia si contano almeno 630 mila migranti di cui solo il 5%, e cioè 30 mila, ha diritto di restare in quanto rifugiati e cioè fuggiti da guerra e morte. Gli altri 600 mila sono una bomba sociale pronta a esplodere, perché vivono di espedienti e di reati”. Sì, esattamente con queste parole: “bomba sociale”, l’ex premier Silvio Berlusconi, ha definito il fenomeno dell’immigrazione dei migranti comunemente etichettati come “clandestini“. “Rimpatriamo tutti” è il motto dell’aspirante primo ministro leader di Forza Italia che torna a gamba tesa nello scenario politico per puntare dritto alla pancia degli elettori cavalcando il malcontento generale. Ma quello che Silvio Berlusconi dimentica di dire è: quanto costa questa operazione allo Stato? E soprattutto, chi rimpatriare e dove? Ecco alcuni dati per fare un po’ di chiarezza.
I costi: il primo aspetto di cui la politica di destra non parla
Partiamo da un numero: 600mila migranti “clandestini” da rimpatriare subito, stando all’allarme lanciato dal candidato forzista. Ora, se questo dato fosse vero e se si ipotizzasse di rimpatriare 200 migranti al giorno, ci vorrebbero almeno otto anni e quattro mesi. Non solo: anche il capitolo costi avrebbe il suo peso. Per portare un immigrato irregolare fuori dall’Italia ci vogliono infatti almeno 4mila euro: oltre al costo del biglietto vanno infatti considerate le spese per il personale (agenti di scorta, poliziotti, medici), oltre al carburante e al noleggio del mezzo. Insomma, ammesso che si riuscisse a riempire un aereo, ogni singolo viaggio costerebbe allo Stato 800mila euro.
Le destinazioni: chi rimpatriamo e dove? Cose che la Destra non sa
Prima di proseguire nel tema dei rimpatri è opportuno chiarire quali migranti si tende genera, mente a definire “clandestini” nel linguaggio comune anche se il termine esatto è “irregolari”, secondo quanto suggerito da una recente risoluzione del Consiglio d’Europa. In questo elenco sono da ascrivere anche i richiedenti asilo che non hanno ottenuto la protezione internazionale e i migranti con permesso di soggiorno scaduto. “Rimpatriare i migranti” irregolari significa ricondurli nei loro paesi di origine, ma l’Italia ha accordi in essere solo con quattro dei tanti paesi di provenienza estera: Tunisia, Marocco, Egitto e Nigeria. Restano fuori quindi paesi come Guinea, Bangladesh, Costa d’Avorio, Gambia, Senegal, Sudan con cui l’Italia non ha stretto nessun tipo di collaborazione in questo senso. Pertanto, i migranti provenienti da questi paesi non godono di protezione umanitaria ma non possono essere rimpatriati. Vengono identificati e detenuti nei CIE (centri di identificazione ed espulsione) e “liquidati” con un foglio di via: sette giorni di tempo per lasciare il Paese. Sono in tanti a far perdere le proprie tracce e a restare in Italia.
A cura della redazione di In Cammino